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Napoli sacra e profana: il Duomo e Santa Luciella

duomo di napoli

“Non esiste sacro senza profano.”
Daniele Luttazzi, con queste parole, descrive il mondo che ci circonda, la nostra vita, la società in cui viviamo.
In quante situazioni ci affidiamo a qualcuno di superiore per ricevere forza, sostegno e stabilità? D’altro canto, quante volte ci capita di fare le corna quando passiamo sotto una scala o di avere l’ansia svegliandoci di venerdì 17? Ognuno di noi, dal più al meno devoto o superstizioso, vive questi momenti!
Fra i luoghi visitati finora, credo che Napoli abbia il primato di città ad essersi sviluppata su questa ambivalenza nel corso dei secoli.
Napoli ed il suo popolo abbracciano con lo stesso calore sia la devozione religiosa che le credenze popolari e tutto ciò contribuisce a renderla speciale nel mondo e a far sì che anche voi, percorrendo uno stretto vicolo del centro storico, siate accarezzati costantemente da un soffio di mistero.
Nelle prossime righe leggerete un’avventura nel centro storico del capoluogo partenopeo in compagnia di Alessandra Desiderio che mi ha fatto conoscere due luoghi che meglio esaltano il dualismo della Napoli sacra e profana: il Duomo e la Chiesa di Santa Luciella.

I vicoli del centro

E’ sabato pomeriggio e il centro vecchio brulica di turisti e napoletani: si potrebbero paragonare a tante piccole formichine, se un drone riprendesse dall’alto la fitta rete di vicoli, intente a raggiungere la propria meta. Chi il bar per gustarsi un buon caffè, un cuoppo o una pizza in piedi, chi una bottega di souvenir.
Nell’andirivieni ci siamo noi, al seguito di Alessandra: al collo indossa fiera il suo cornicello in corallo che dondola a destra e sinistra. Incuriosita le chiedo di rinfrescarci la memoria sulla sua “gestione”. Attenzione, non lo si deve mai acquistare per sé ma solo ricevere in regalo, altrimenti non porta fortuna! Divaghiamo poi sulla forma decisamente fallica del famoso portafortuna e sul suo mito, scherzando insieme. Che vi avevo detto? Napoli è tutta magia e leggenda.

Girando a destra e a sinistra, ci immettiamo finalmente in Spaccanapoli: non conto più le volte che l’ho percorsa in quasi 7 anni. Il rettilineo è lungo più di un chilometro e divide il centro storico ottocentesco in due parti.
Il tratto di Spaccanapoli che prende il nome di Via San Biagio dei Librai rappresenta il cuore pulsante di Napoli e ospita ancora qualcuna delle innumerevoli librerie che vi sorgevano un tempo ed attraggono tuttora appassionati di storia e cultura.

Chiesa di Santa Lucia ai Librai

Alessandra è in testa al gruppo e imbocca Vico Santa Luciella, traversa di Via San Biagio dei Librai, alla nostra destra: abitazioni alte e strette, panni stesi ed un piccolo capannello di persone in fondo alla via sono fotografati nella mia mente. Raggiungiamo anche noi la gente in attesa e ci troviamo così davanti all’entrata di un edificio che si potrebbe definire in qualsiasi maniera tranne che “chiesa”.
Alzo lo sguardo: in alto due piccole campane incastonate nel muro, più sotto l’entrata della biglietteria. Sulla sinistra il principale portone d’accesso alla Chiesa di Santa Luciella ai Librai. Preceduto da un’imponente cancellata, sembra quasi inghiottito dalle facciate dei palazzi circostanti all’interno del vicolo.

Un po’ di storia

Nel 1327 la chiesa sorse per volere di Bartolomeo di Capua, consigliere reale degli Angiò, e della sua famiglia. Nel ‘700 fu dedicata a Santa Lucia grazie alla corporazione segreta dei lavoratori del piperno, pietra molto dura. Questi uomini, temendo di perdere la vista a causa delle schegge schizzate dal resistente materiale, iniziarono a venerare la protettrice della vista decidendo così di riservarle un luogo di culto.
Dal 1980, in seguito al devastante terremoto dell’Irpinia, la struttura rimase chiusa e inagibile per anni finché l’associazione Respiriamo Arte non prese in mano la situazione nel 2013 e la ripristinò interamente, per poi riaprirla al pubblico nel 2019.

La struttura della chiesa

Entriamo in chiesa: un’unica e piccola navata in stile barocco ospita l’altare. Ciò che mi colpisce di più è il meraviglioso pavimento.

napoli sacra e profana
Chiesa di Santa Luciella, pavimento

Proseguiamo entrando nella sagrestia. Alla nostra sinistra osserviamo una vetrina contenente oggetti rinvenuti durante la ristrutturazione della chiesa: una lattina di bibita, bottiglie, una sega in metallo, vecchie immagini di giornali, fotografie e tanto altro. Appartenevano a qualcuno e ora sono solo rifiuti.

Il culto delle anime pezzentelle

Ora siamo pronte a cogliere il lato profano della città. Ci inoltriamo nei sotterranei della chiesa attraverso una stretta scala. L’umidità impregna le narici e l’aria si fa pesante. Guardandoci tutt’intorno, ci rendiamo conto di trovarci in un ipogeo, sormontato da basse volte. Al suolo sono poggiati teschi, tanti teschi. Ovunque osserviamo candele, ciotole contenenti bigliettini, croci e rosari. Siamo in un altro mondo.
Santa Luciella è famosa per ospitare il culto delle anime pezzentelle, o del Purgatorio: esso si diffuse nel ‘600 e fu pienamente riconosciuto dalla Chiesa Cattolica che incentivava la creazione di un legame liturgico fra vivi e morti curando le anime dei defunti attraverso preghiere e cerimonie. Tutto ciò dava la possibilità alla Chiesa di arricchirsi grazie alle offerte dei fedeli.
A Napoli, però, si va oltre l’immaginabile, come ho accennato sopra.
Oggetto di culto diventarono col tempo non solo le anime defunte ma quelle senza nome, i cui corpi erano gettati nelle fosse comuni, soprattutto durante le grosse epidemie. I teschi o capuzzelle erano adottati dalle persone in vita. In cambio di cure e “manutenzione”, le prime intercedevano per i secondi che chiedevano grazie e protezione all’Altissimo.
Ascoltiamo estasiate il racconto quasi surreale di Alessandra che gesticola col suo inconfondibile fare partenopeo. La mia attenzione è catturata da un teschio strano, che ci osserva dall’alto e sembra avere le orecchie: si dice che all’epoca fosse il più attento ascoltatore delle suppliche di chi si presentava al suo cospetto!

Duomo di Napoli

La visita all’ipogeo è terminata, ma Alessandra ci tiene ancora compagnia.
Risaliamo in superficie e percorriamo Vico Santa Luciella dall’altro lato sbucando in Via San Gregorio Armeno: tutto l’anno è animata da folle di turisti e partenopei che tentano di conquistare i pastori più caratteristici da collocare nel proprio presepio. Risalendo il vicolo ci immettiamo in Via dei Tribunali girando a destra. In fondo, poco prima di entrare nel quartiere Forcella, incrociamo Via Duomo, ricca di bei negozi e bar dove qualcuno è già seduto per consumare l’aperitivo.
Ci troviamo ora davanti al Duomo di Napoli o Cattedrale di Santa Maria Assunta.
I lavori dedicati alla sua costruzione iniziarono probabilmente in epoca angioina e proseguirono negli anni.
Ammiro la facciata con i suoi 3 portali, sottoposta negli anni a tante modifiche: è pulita, lineare, maestosa e forse un pò troppo imponente per affacciarsi sulla piazzetta antistante che è invece molto stretta.

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Cattedrale di Santa Maria Assunta

Entriamo in chiesa: la navata centrale è delle 3 la più larga e profonda. Ascoltiamo il silenzio cerimonioso, abbandonando gli schiamazzi della piazza, rotto dai bisbigli dei tanti turisti meravigliati.
Alessandra ci spiega che la cattedrale napoletana ha origini ben più antiche. La basilica paleocristiana di Santa Restituta, fatta erigere dall’imperatore Costantino, costituisce la prima chiesa cattedrale della città e ad oggi non è altro che una cappella del Duomo a cui si accede dalla navata sinistra.

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Duomo, interno

Culto di San Gennaro

Ma perché Alessandra ci ha portate proprio qui?
Il Duomo è un must: in ogni città la visita alla chiesa madre costituisce tappa d’obbligo. Ma quello partenopeo è speciale: esso è famoso in tutto il mondo grazie al culto di San Gennaro, patrono di Napoli, e alla venerazione delle reliquie, in particolare il suo sangue.
Ancora una volta emerge la dualità della Napoli sacra e profana.
Ciò che lega i partenopei al loro Santo va ben oltre la semplice devozione. Il loro è un sentimento viscerale. Dal 1631 in cui fu ostacolata l’eruzione del Vesuvio, il rapporto si è rafforzato nei secoli superando anche le restrizioni imposte dal Concilio Vaticano negli anni ’60 che classificò Gennaro come Santo di serie B.
Per Napoli, San Gennaro è un confidente e consigliere. Non è insolito che un napoletano instauri con lui dialoghi intimi e segreti, oppure chieda di vincere al lotto oppure a una partita di calcio.

La storia di San Gennaro

La storia di San Gennaro è molto tormentata.
Questi fu vescovo e martire, decapitato a Pozzuoli il 19 settembre del 305 per volere dell’imperatore Diocleziano che perseguitava i Cristiani.
Si narra che una donna a lui molto devota abbia raccolto il sangue del defunto all’interno di piccole ampolle ora gelosamente custodite in Duomo assieme al suo busto e alcune ossa del cranio.
Nel corso dei secoli, i resti del Santo sono stati trafugati e collocati in vari luoghi innumerevoli volte. Pensate che, durante il Secondo Conflitto Mondiale, il Vaticano conservò le reliquie riportate poi a Napoli da un malavitoso, scelto appositamente per mettere in guardia la Santa Sede qualora essa si fosse rivelata restia a rilasciargliele!

Liquefazione del sangue di San Gennaro

Ogni anno, ciascun napoletano sparso per il mondo rimane col fiato sospeso tre giorni e segue con ansia e fermento la diretta tv all’interno del Duomo per assistere alla liquefazione del sangue di San Gennaro conservato nelle ampolle, che vengono mostrate al pubblico. Il sangue si scioglie? Scampato pericolo! Non succede? Una minaccia incombe sull’umanità!
La prima occasione si verifica il sabato che precede la prima domenica di Maggio, poi il 19 settembre (giorno del martirio) e ancora il 16 dicembre (in ricordo dell’eruzione del Vesuvio arrestata nel 1631).

Cappella e Tesoro di San Gennaro

Esempio dell’estrema devozione partenopea dei confronti del Santo è la maestosità della Cappella barocca ad egli dedicata, ubicata all’interno della cattedrale.
Annesso alla Cappella è visitabile il Museo del Tesoro di San Gennaro. Credo che chiunque scenda a Napoli per la prima volta non possa lasciarsi scappare una visita; per quanto mi riguarda ciò che ho visto sarà impresso nella mia memoria a vita.
Il museo ospita una collezione dal valore inestimabile di gioielli, argenti e preziosi di ogni tipo donati al Santo nel corso dei secoli dai suoi devoti: ricchi e poveri, reali e gente comune.
Il gioiello che forse è rimasto più impresso nella mia memoria è la collana di San Gennaro, fra le più preziose al mondo. Realizzata nel 1679 da Michele Dato in ben 5 mesi di lavoro certosino, questa è l’unione di diverse croci tempestate di pietre preziose cedute nel tempo dai vari sovrani europei. Come già accennato non solo i ricchi rilasciavano doni a San Gennaro. Incastonato nella collana si può osservare persino un paio di orecchini donati da una popolana per grazia ricevuta: se questo non è segno di fede…!
Vi chiedo una cortesia: non cercate foto della collana sul web. Aspettate di godervela dal vivo!

Vi confesso una cosa: nonostante le mie origini bolognesi DOC, San Gennaro di LAB25 Creativity Space (date un’occhiata alla pagina facebook e correte da Laura in Via Raimondo de Sangro di Sansevero per ammirare pezzi di artigianato unici!) è sempre bene accetto anche in casa mia!

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San Gennaro mi tiene compagnia

Chi è Alessandra Desiderio

Conosco Napoli da diversi anni e, nel tempo, la città mi è entrata dentro soprattutto grazie al fatto di averla visitata e conosciuta in compagnia di persone che ci sono nate e vissute: Alessandra Desiderio è una di loro.
Solo così ho potuto fare mio questo luogo magico liberando la mente da tanti pregiudizi e convinzioni errate.

Alessandra Desiderio è laureata in Archeologia e Storia dell’Arte. Oggi è guida turistica e fondatrice dell’associazione Cantastorie Tour grazie a cui fa conoscere ai suoi concittadini e non la realtà partenopea in tutte le sue sfumature.
Alessandra non è una napoletana qualunque. Alessandra è LA napoletana per eccellenza. Racconta la propria terra in maniera affettuosa, colorita, scherzosa e vivace. Personalmente sono stata rapita dal suo gesticolare e approcciarsi a me, Libera, Giuditta e Sofia come se ci conoscesse da una vita.

Di seguito riporto i suoi contatti, sperando possiate intraprendere con lei un’avventura alla scoperta dei segreti di Napoli.

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Noi

Se desiderate conoscere qualcosa di più sul Quartiere Pendino di Napoli, cliccate sul pulsante qui sotto:

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Alla prossima!





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Laura Bovi
Ho deciso di battezzare il mio piccolo mondo digitale con una combo dei soprannomi 
più simpatici attribuiti alla sottoscritta: uno richiama il nome, l’altro il cognome.
Ecco
chi sono: Laubibs. 
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