C’è un museo speciale che non espone quadri né sculture, ma oggetti che custodiscono promesse infrante e sogni spezzati.
Il museo delle promesse infrante ci conduce in un luogo sospeso tra passato e presente, raccontando perdite e ricordi che non smettono mai di pesare.

Informazioni editoriali
Titolo: Il museo delle promesse infrante
Autore: Elizabeth Buchan
Pagine: 387
Prezzo cartaceo: 12 euro (Tea Editore)
Prezzo ebook: 10 euro
Trama
Di norma, tutti i musei del mondo raccolgono quadri, reperti archeologici, testimonianze storiche.
Quello di Laure, invece, è un luogo unico e intimo in cui non si conservano opere d’arte tradizionali, ma frammenti di vite. Piccoli oggetti appartenuti a persone comuni, che custodiscono promesse mai mantenute, legami spezzati, sogni infranti.
Ogni pezzo ha un significato e racconta una storia, anche se spesso invisibile agli occhi di chi visita quelle sale.
Laure è una donna con un passato complesso alle spalle, segnato da un amore travolgente vissuto in da giovane e da un contesto storico molto turbolento: la Praga degli anni Settanta, attraversata dalla tensione politica e dai movimenti di opposizione al regime comunista.
Il romanzo alterna piani temporali e geografici diversi. Da una parte la giovane Laure, che scopre sia l’amore che il peso della paura e del tradimento, dall’altra la Laure adulta, che ha trovato nel museo il suo modo di dare un senso e una forma a ciò che ha vissuto.
I destini personali dei protagonisti si intrecciano con la Storia, mostrando come le scelte individuali siano spesso influenzate dal contesto sociale e politico.
Ogni promessa infranta custodita nel museo diventa così un frammento universale, capace di parlare a tutti.


Cosa ne penso
La lettura di questo romanzo mi ha lasciata con sensazioni contrastanti.
L’idea di partenza è bellissima: un museo delle promesse infrante è un concetto molto profondo. Tutti noi conserviamo dentro le tracce di ciò che non è stato, di amori che non hanno resistito o di occasioni mancate.
Elizabeth Buchan è brava a restituire questa atmosfera sospesa, fatta di ricordi che si mescolano con i luoghi e con gli oggetti che li rappresentano.
Anche l’ambientazione storica ha un suo fascino: Praga diventa quasi un personaggio a sé con le sue ombre e il suo peso politico, così come Parigi con la sua eleganza e il suo spirito più intimo.
Nonostante tutto questo, non posso dire che Il museo delle promesse infrante mi abbia davvero conquistata.
Non è stata una lettura che mi ha tenuta incollata alle pagine, né che mi ha lasciato un segno profondo una volta conclusa.
Non saprei neppure spiegare con chiarezza il motivo. Forse i personaggi non sono riusciti a trasmettermi abbastanza emozioni, il ritmo della narrazione procede con lentezza, oppure semplicemente non era il libro giusto per me in questo momento.
Mi sono trovata più volte a pensare che la storia avesse del potenziale enorme, ma che non sempre sia stato sfruttato fino in fondo.
Riconosco però la bellezza di alcune pagine, in cui la scrittura di Buchan si fa molto intensa e suggestiva.
In diversi momenti si percepisce chiaramente il dolore del ricordo e la nostalgia per ciò che non è successo: è lì che il romanzo mostra tutta la sua forza.
Al tempo stesso, credo che ogni lettore possa reagire in maniera diversa. Ciò che a me è sembrato poco coinvolgente, per altri potrebbe risultare emozionante e toccante.
Il museo delle promesse infrante è un libro che si muove su un terreno molto delicato, tra memoria personale e storica, tra amore e perdita, tra passato e presente.
Il romanzo fa riflettere sul peso delle scelte che prendiamo e sul modo in cui queste continuano ad agire dentro di noi, anche a distanza di tanto tempo.
Il romanzo non è entrato a far parte delle mie letture preferite ma credo che possa incontrare il cuore di molti lettori, soprattutto di chi ama storie malinconiche e apprezza le narrazioni che intrecciano vicende intime e contesto storico.
Forse il valore più grande del romanzo sta proprio nell’idea del museo: un luogo simbolico che ciascuno di noi porta dentro di sé.
E forse, leggendo queste pagine, è impossibile non chiedersi quali oggetti potremmo lasciare anche noi in quelle teche di vetro se esistesse davvero.
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Alla prossima!