La città di Napoli è conosciuta in tutto il mondo e spesso paragonata ad un ridente presepe arroccato sui suoi colli; la si osserva magari da una barchetta al largo della costa, da Castel dell’Ovo fino a salire con lo sguardo verso i Colli Aminei, la Reggia di Capodimonte lassù in mezzo al bosco, fino ai palazzi del Vomero.
Napoli è conosciuta grazie al suo lungomare ed ai panorami invidiati da tutti, grazie alla pizza, al cuoppo o alla sua frittatina.
Tappa d’obbligo a Napoli è sicuramente il centro vecchio, dedalo di vicoli in cui perdersi, ascoltare il vociare di chi sbuca da una finestra e visitare le principali chiese e monumenti.
Ma se voleste imbattervi in una Napoli un pò sconosciuta, meno nota al turista, forse quasi nascosta, ma sempre speciale? Ecco, ve la racconto.
Cosa vedere a Napoli: il quartiere Pendino
– Piazza Nicola Amore
– Fermata metro Duomo
– Borgo Orefici
– Chiesa di San Giovanni a Mare
– Chiesa di Sant’Eligio Maggiore
– Piazza Mercato
– Basilica Santuario di Santa Maria del Carmine Maggiore
– Mercato di Soprammuro a Porta Nolana
Piazza Nicola Amore
Metà mattina: il sole di fine marzo rilascia un piacevole tepore.
Corso Umberto I è trafficato come tutti i sabato mattina che si rispettino a Napoli, o meglio come tutti i giorni della settimana. Giuditta, Libera, Sofia ed io ci dirigiamo a passo spedito verso il luogo dell’appuntamento: siamo un pelo in ritardo.
Attraversiamo il corso, come da prassi facendoci quasi investire, e poco avanti una mano si agita tra la folla: Paola ci fa cenno di raggiungerla. Una massa di riccioli neri incornicia il suo viso gioioso. La mascherina FFP2 non riesce a celare l’espressione solare della nostra guida che ci farà a breve scoprire una Napoli insolita. L’occhio mi cade subito sui suoi orecchini: due pendenti viola rappresentanti la maschera di Pulcinella. Ora sì, mi sento a casa. La visita può iniziare.
Ci troviamo in Piazza Nicola Amore, sindaco di Napoli che, a fine 800, risanò questa zona della città in seguito ad una grossa epidemia di colera, facendo abbattere ben 17.000 abitazioni e 64 chiese per ripristinare le condizioni igienico sanitarie della zona. Nacquero così la piazza, detta anche Dei Quattro Palazzi, poiché sovrastata ai suoi vertici da quattro edifici identici, e la via che la attraversa, ovvero Corso Umberto I. La piazza ospitò anche la statua dedicata ad Amore, spostata però in occasione della parata hitleriana del 1938.
Fermata metro Duomo
Potete raggiungere Piazza Nicola Amore e in generale il quartiere Pendino facendo una bella passeggiata a piedi dal centro o dalla stazione, oppure prendendo la metropolitana L1 con fermata “Duomo“.
Progettata dai coniugi architetti Doriana e Massimiliano Fuksas nelle sue linee moderne e geometriche, la nuova stazione della metropolitana ospita un vero e proprio sito archeologico che comprende un complesso monumentale dedicato all’imperatore Augusto. Sarà ultimata tra pochi mesi: motivo in più per tornare a Napoli e farvi visita!
Borgo Orefici
Ci inoltriamo nel Quartiere Pendino verso il porto percorrendo Via Duomo, perpendicolare rispetto a Corso Umberto I.
I vicoli pullulano di botteghe e il vociare della gente, assieme a quello dei gabbiani, si fa sempre più forte e colorato. Volgiamo lo sguardo verso la collina di Capodimonte, su cui si distingue il rosso pompeiano dell’omonima Reggia. Questa fu fatta ergere da Carlo di Borbone nel 1738 che approfittò di un momento di crisi economica e sociale della città per farla risorgere, favorendo anche l’apertura di varie manifatture (oreficerie e botteghe tessili e alimentari) proprio vicino al mare, sito ideale per effettuare scambi commerciali. La zona prende il nome di Borgo Orefici ed è oggi gestita da un vero e proprio Consorzio che si occupa anche di formare nuovi orafi. Perdendoci fra i vicoli ci imbattiamo in Palazzo La Bulla, accuratamente restaurato, che ospita il Museo di Arte Orafa, perno della riqualificazione del quartiere Pendino.
Chiesa di San Giovanni a Mare
Il nostro cammino prosegue. Paola saluta due paciosi signori intenti a fare due chiacchiere appoggiati ai rispettivi mezzi, un’Apecar e un’automobile mezza sgangherata. Noi ricambiamo con un cenno del capo e la seguiamo attraverso un cancello apparentemente anonimo.
Ci troviamo a ridosso dell’entrata di San Giovanni a Mare, una delle chiese più antiche di Napoli. Prima di varcare il portone il nostro sguardo cade su Donna Marianna, che sembra scrutare cauta noi nuove arrivate. Si tratta di un mezzo busto dal volto femminile soprannominato ‘a Cap ‘e Napule, dalle origini misteriose. Adottata dal popolo napoletano come protettrice della città, Donna Marianna viene associata in principio alla Sirena Partenope, poi ad una divinità pagana, probabilmente Afrodite, e in seguito alla Marianne che personifica la Repubblica Francese esaltando i suoi ideali rivoluzionari del ‘700. L’originale del pezzo si trova attualmente all’interno del Municipio di Napoli.
Entrate in chiesa ci sentiamo catapultate in un altro mondo: l’alto soffitto è sorretto da un’imponente struttura in tufo. Le navate si distinguono l’una dall’altra grazie ad un susseguirsi di arcate ogivali di epoca normanna che poggiano su colonne ancora più antiche. Attorno silenzio, solo qualche visitatore.
Chiesa di Sant’Eligio Maggiore
Salutiamo Donna Marianna e camminiamo fin sotto l’Arco di Sant’Eligio di cui Paola ci racconta la storia. Notiamo subito la presenza, su entrambe le sue facce, di due enormi orologi, uno dei quali mancante della lancetta dei minuti. Come mai? Alle ore 15 del 28 marzo 1943 Napoli assistette all’esplosione della nave da guerra Caterina Costa, ospitata nel suo porto, poco distante rispetto a dove ci troviamo. L’onda d’urto provocata dalla deflagrazione fece sì che una lamiera colpisse proprio la lancetta dell’orologio che fu distrutta e mai più ripristinata, nemmeno nel 1993 quando il marchingegno riprese a funzionare.
Dall’altra parte l’orologio è integro e si distinguono ai suoi lati due piccole sculture di teste. Quella maschile è attribuibile al nobile Antonello Caracciolo che, secondo la leggenda, si invaghì della fanciulla Irene Malerbi, rappresentata dalla testa femminile. Pur di giacere con lei, il Caracciolo fece imprigionare il padre della ragazza ricattando così Irene. In seguito alle nozze riparatrici fra i due, Isabella d’Aragona, figlia di Re Ferdinando, fece decapitare Caracciolo che ricevette così ciò che si meritava.
Alla nostra sinistra scorgiamo il maestoso portale d’accesso alla Chiesa di Sant’Eligio Maggiore, imponente costruzione in tufo di epoca normanna, quasi soffocata dalle abitazioni che la circondano.
L’interno non è da meno: un alto soffitto in capriate lignee riscalda l’ambiente assieme alla luce che penetra dalle vetrate sottostanti. Nella quarta navata si scorge ancora qualche frammento degli affreschi che la ricoprivano interamente. Da qui ci addentriamo nei meandri della basilica fino a sbucare all’interno del chiostro: la sua bellezza parla da sé.
Piazza Mercato
Uscite dalla basilica, osservo un passo carraio sovrastato da erbacce e improvvisamente la mia mente torna indietro nel tempo. Proprio lì, la sera del 5 gennaio del 2018, conquistammo il parcheggio con l’auto dopo interminabili minuti trascorsi a cercarlo. Era la notte dell’Epifania ed eravamo diretti esattamente in Piazza Mercato, fulcro del quartiere, che pullulava di bancarelle di dolciumi a cui grandi e piccini si avvicinavano per comporre la propria calza. Penso sia stato l’evento più folkloristico a cui abbia mai partecipato: pannocchie ad arrostire sulla brace, musica ad alto volume, un signore molto particolare intento a vendere pulcini e coniglietti (sì, avete letto bene) e tanta, tantissima gente. Se capiterete mai in città per l’Epifania, vi consiglio caldamente di farci un salto!
Piazza Mercato deve la sua fama grazie alla dinastia angioina che, a partire dal 1200, vi articolò un vero e proprio mercato per riqualificare la zona strategica nelle vicinanze del porto. La piazza fu anche teatro di numerose esecuzioni capitali, come quella del giovane sovrano Corradino di Svevia e del rivoluzionario Tommaso Aiello d’Amalfi, più noto come Masaniello, che guidò l’insurrezione del popolo napoletano contro il governo vicereale spagnolo nel 1647.
Ovunque posiamo lo sguardo, c’è un particolare che non può sfuggire. La cupola maiolicata della Chiesa di Santa Croce e Purgatorio sfoggia i suoi colori sotto il sole della tarda mattinata. In un angolo, la fontana in stile egizio è sormontata da un obelisco e, silenziosa, riporta la mente a tempi antichi. Palazzo Ottieri, enorme gigante abitato di fine anni ’50, fa quasi ombra alla piazza. Tutt’intorno si svolge la quotidianità del quartiere Pendino: panni stesi al sole, voci, vita.
Basilica santuario di Santa Maria del Carmine Maggiore
Da Piazza Mercato ci spostiamo in Piazza del Carmine. Il sagrato della Basilica santuario di Santa Maria del Carmine Maggiore è purtroppo in corso di restauro e ci è difficile fotografare la facciata dell’edificio.
Alzando lo sguardo, ammiriamo l’alto campanile.
Entriamo in chiesa e una luce avvolgente sembra accarezzare la navata.
L’interno è di stampo prettamente barocco: tanto colore e molteplici materiali (legno e marmi pregiati) contribuiscono ad arricchire soffitto e pareti.
Qui sono conservate le spoglie di Corradino di Svevia, citato poco fa, e l’effige della Madonna Bruna, che un po’ mi ricorda quella della Madonna di San Luca venerata da noi bolognesi.
I napoletani sono molto devoti al suo culto e da centinaia di anni invocano la sua benedizione esclamando “Mamma d’o Carmene!”, espressione nota ormai in tutta Italia.
Ci lasciamo Piazza del Carmine alle spalle. Paola ci invita a girarci in direzione del campanile e scattare una foto che a mio avviso non c’è bisogno di commentare. Qui è racchiusa tutta l’essenza napoletana.
Mercato di Soprammuro a Porta Nolana
Ciò che più consiglio in una città come Napoli è perdersi nei suoi vicoli, fra la gente, i profumi, i colori, il caos. Visitate un mercato, se avete l’occasione.
La nostra passeggiata termina inoltrandoci nel mercato di Soprammuro che si articola lungo Vico Soprammuro, particolare strada detta anche ‘ncopp ‘e mura poiché si sviluppa a ridosso di antiche mura di origine aragonese nelle vicinanze della vecchia cinta muraria napoletana. Le bancarelle del pesce non si riescono a contare: sono troppe. Qui, durante la notte della Vigilia di Natale, i pescatori fanno a gara per vendere i loro prodotti fino all’ultima tellina pescata poche ore prima in mare aperto. I nostri occhi non sanno dove posarsi: chi schiamazza, chi invita gli acquirenti al banco, chi osserva curioso le vongole dentro le vasche. Sembra quasi di rivivere un’altra epoca.
Paola ci richiama, è ormai finito il nostro tempo. Usciamo dal groviglio di viuzze attraverso Porta Nolana, così chiamata perchè da qui si percorreva un tempo una strada in direzione dell’antico borgo di Nola.
Chi è Paola Artizzu
Cosa vedere a Napoli? Il quartiere Pendino è in realtà la goccia in un oceano. La città è talmente ricca di luoghi meritevoli di essere visitati che forse non basterebbe impiegare un’intera vita per farlo.
Ho vissuto la città 2 weekend al mese per 5 anni e credo ci sia ancora molto da scoprire.
Non conoscevo la realtà del quartiere Pendino in maniera così approfondita e grazie alla competenza di Paola sono riuscita a farmi un’idea delle bellezze che nasconde questa realtà tanto popolare quanto caratteristica.
Paola Artizzu è abruzzese di nascita e napoletana d’adozione.
Laureata in Conservazione dei Beni Culturali, da diversi anni è guida turistica in Campania e altre regioni italiane: ad oggi è specializzata in realizzazione di tour privati per piccoli gruppi e famiglie.
Il suo modo di condurci attraverso la storia ha fatto trasparire l’amore che prova per la professione che svolge e per la sua città adottiva, tanto che in lei mi ci rivedo tanto: abbiamo anche le stesse passioni!
Di seguito scrivo i suoi contatti:
- Sito Internet: www.guidenaples.com
- Email: paola@guidenaples.com
- Instagram: @guidenaples
Vedi Napoli e poi…
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